Ho iniziato a scrivere, giovanissimo, inizialmente come poeta: nel tempo ho poi iniziato a pensare alla scrittura teatrale come a una delle forme della poesia (poesia drammatica, come Aristotele definisce il teatro). Ciò che più m’interessa, nel lavoro drammaturgico, è la possibilità di trasfigurare il reale perché ne emerga il suo carattere più vero: usare il teatro per far affiorare la natura epica, religiosa, misterica della realtà. Cerco perciò di utilizzare tutti gli strumenti possibili perché questo avvenga: innanzitutto l’uso della poesia (scrivo quasi sempre in versi) e della letteratura, ma anche l’alternanza fra prima e terza persona, la retorica, il rifiuto della psicologia a favore dello straniamento e del distacco stilistico. Il naturalismo m’interessa poco. Per questo mi piace molto lavorare sulle riscritture della storia o dei miti: perché mi permette di lavorare su più livelli, di provare a essere più verticale e metaforico. Credo in un teatro che non sia un commento all’esistente, ma un rito, l’unico modo che consenta di toccare con mano una certa verità di un’epoca e di un’umanità.
Fabrizio Sinisi (Barletta, 1987) è poeta, drammaturgo traduttore e critico letterario. Si è laureato in Lettere moderne presso l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, specializzandosi in Filologia moderna con una tesi in Storia del teatro dedicata all’opera di Giovanni Testori e Pierpaolo Pasolini; presso la stessa Università ha svolto dal 2013 al 2015 attività di ricerca. Nel 2014 ha collaborato come autore all’allestimento e alla stesura della sezione Poesia e teatro dell’antologia per le scuole Testi e immaginazione (Zanichelli, Bologna 2013). Come poeta ha pubblicato La fame (Finalista Premio Camaiore, Archinto, Milano 2011) e il recente Contrasto dell’uomo e della donna (CartaCanta, Forlì 2014), presentato durante la XXVII edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino e finalista nell’edizione 2015 del Premio Carducci.
Nato come autore all’interno della Compagnia Lombardi-Tiezzi di Firenze, nel 2011, appena ventitreenne, ne è diventato il dramaturg stabile, collaborando alla realizzazione di numerose messinscene: fra le altre si ricordano I promessi sposi alla prova di Giovanni Testori (Milano, Piccolo Teatro Grassi, 2010), l’opera lirica Lo stesso mare di Fabio Vacchi e Amos Oz (Bari, Teatro Petruzzelli, 2011), Un amore di Swann di Marcel Proust (Museo Nazionale del Bargello, Firenze, 2013), e Non si sa come di Luigi Pirandello (Modena, Teatro Storchi, 2013). Sempre nel 2011 ha scritto i prologhi e curato la drammaturgia del Woyzeck di Georg Buchner a cura di Federico Tiezzi (Pontedera, Teatro Era, 2011). Suoi scritti di argomento drammaturgico compaiono nel volume Il Teatro Laboratorio della Toscana II e III (Titivillus, Pisa 2013-2015), a cura di Leonardo Mello. Nel 2015 ha curato per la regia di Paolo Bignamini la nuova drammaturgia dell’Annuncio a Maria di Paul Claudel e, l’anno successivo, quella di Solaris di Stanislaw Lem, andato in scena al Theatre des Carmes di Avignon. Nel 2016 è stato dramaturg per Questa sera si recita a soggetto di Luigi Pirandello, produzione del Piccolo Teatro di Milano e di Calderòn di Pier Paolo Pasolini per il Teatro Argentina di Roma, entrambi con la regia di Federico Tiezzi.
Nel dicembre 2012 viene messo in scena il suo dramma in versi La grande passeggiata (Bari, Teatro Royal), per la regia di Federico Tiezzi e l’interpretazione, fra gli altri, di Sandro Lombardi, con ottimi esiti di pubblico e di critica: il testo viene pubblicato in anteprima a cura di Rodolfo Di Giammarco e Rossella Porcheddu nel volume New Writing Italia (Editoria & Spettacolo, Roma 2014). Nel 2014, con la compagnia del Teatro dei Borgia e in collaborazione con i nuovi Teatri di Bari inaugura il Progetto Goldoni diretto da Giampiero Borgia: una trilogia di riscritture goldoniane nel Meridione contemporaneo: a Gl’innamorati nel 2014 segue, nel 2015, La locandiera (entrambi nell’interpretazione protagonista di Elena Cotugno) e, nel 2017, Arlecchino. Nel 2015 il suo Jekyll ottiene la segnalazione tra i finalisti del Premio Riccione Tondelli, del Premio Testori e del Premio Platea. In collaborazione con Elena Cotugno scrive nel 2016 Medea, trascrizione del mito greco all’interno di un reportage sulla prostituzione sulle strade italiane: lo spettacolo, in scena al Teatro Franco Parenti di Milano e al Teatro Eliseo di Roma, ottiene il plauso unanime del pubblico e della critica. Nell’estate 2016 debutta il suo testo Agamennone presso il Teatro Romano di Falerone, con Paolo Graziosi, Daniela Poggi, Elisabetta Arosio e Valeria Perdonò, con la regia di Alessandro Machìa: lo spettacolo gira in una tournèe estiva dei teatri antichi italiani e viene ripreso nella stagione 17/18 del Teatro Stabile di Torino. Sempre nel 2016, va in scena al Piccolo Teatro Grassi di Milano il suo Natura morta con attori (con Alessandro Averone e Federica Sandrini, regia di Alessandro Machìa) e debutta il suo Cabaret D’Annunzio presso il Teatro Nazionale Croato Ivan Zaijka di Rijeka con la regia di Giampiero Borgia. Nel 2017 è chiamato dal Teatro Bellini di Napoli a partecipare al progetto Glob(e)al Shakespeare, progetto di sei riscritture shakespeariane da parte di autori contemporanei: il suo Giulio Cesare. Uccidere il Tiranno, per la regia di Andrea De Rosa (con Nicola Ciaffoni, Daniele Russo, Rosario Tedesco e Isacco Venturini) debutta al Napoli Teatro Festival nella nuova edizione diretta da Ruggiero Cappuccio. Nello stesso periodo, il suo melologo La valigia di Ravel debutta in anteprima internazionale al Maggio Musicale Fiorentino, facendone uno tra i più giovani autori ad aver mai esordito sul palco della prestigiosa istituzione musicale toscana. È di recente uscita il suo Tre drammi di poesia, raccolta dei suoi primi tre testi a cura del prof. Franco Perrelli dell’Università di Torino.
È tuttora dramaturg della Compagnia Lombardi-Tiezzi e del Teatro Laboratorio della Toscana. Dal 2015 è docente di Drammaturgia presso la Scuola di Scrittura Flannery O’Connor di Milano. Sta per iniziare, nel 2018, una collaborazione come drammaturgo residente presso il Centro Teatrale Bresciano – Teatro Stabile di Brescia. Vive e lavora a Milano.
GUERRA SANTA
La sera di un venerdì prima di Pasqua, nel duomo di una grande città europea, un sacerdote cattolico riceve la visita di una giovane donna. I due si conoscono bene: la ragazza ha frequentato per anni, da bambina, la sua parrocchia. Tuttavia, sette anni prima, era scappata via per arruolarsi in una formazione terroristica. Torna ora, dopo sette anni, a domandare ragioni, a spiegare motivi, a raccontare l’accaduto. In una successione di sei monologhi incrociati – sei accuse, sei arringhe, in cui la parola teatrale diventa lo strumento di una resa dei conti, il luogo di una verifica esistenziale estrema – emerge la ragione ultima di questa visita: organizzare il più clamoroso attentato terroristico della storia europea.
LA GRANDE PASSEGGIATA
Il presidente del Fondo Monetario Internazionale, Frederic Jean-Paul, viene arrestato e trattenuto presso un’anonima stazione di polizia di New York: è stato accusato di violenza sessuale ai danni di una cameriera. I suoi due bizzarri carcerieri, Donald e Frank, hanno l’ordine di vigilare il prigioniero fino alla mattina successiva, quando verrà poi trasportato in un luogo più sicuro.
Le cose tuttavia non vanno secondo il copione stabilito: Jean-Paul manifesta i segni di un’inspiegabile inquietudine; nella stazione di polizia irrompe presto anche Barbara, la moglie di Jean-Paul, e Marcel Labiche, suo avvocato e segretario del Partito Socialista Francese. Inoltre, i due carcerieri sembrano impersonare qualcosa di più terribile che due semplici custodi. Emergono nel corso di questa notte i tratti di una vicenda ben più grande, che non riguarda solo la violenza tra gli individui, ma anche tra nazioni, soggetti politici e gruppi di potere.
Ispirato a note vicende di cronaca internazionale, La grande passeggiata tenta un riutilizzo “contemporaneo” delle tradizionali convenzioni drammaturgiche legate alla tragedia: fedele al dettato delle unità aristoteliche di tempo e luogo, essa è composta nei versi regolari della metrica italiana (endecasillabi, , settenari, novenari).
MEDEA – MONOLODO DELLA STRANIERA
Medea – Monologo della straniera è il racconto di una donna che molti europei incontrano spesso, per caso, sulla propria strada: una giovane migrante, scappata dal proprio paese e arrivata in Italia con la speranza di un futuro migliore, e finita poi sulla strada, a prostituirsi, per amore di un uomo da cui si crede ricambiata, da cui ha due figli, ma che in realtà la sfrutta. Nel monologo – ironico, cruento, impietoso – di questa protagonista leggiamo la storia di centinaia di migliaia di persone, partite dal loro paese con un sogno e ritrovatesi, all’arrivo, dentro un incubo.
Medea è anche l’analisi di un fenomeno – la migrazione – e di ciò che comporta e significa: di ciò che costa. Ma anche il racconto di una specificità: quella del “barbaro”, inconoscibile eppure, in qualche modo, familiare. Che – dapprima estraneo – reagisce a modo suo al paese che lo ospita, lo combatte e lo feconda, dando forse origine a nuove vicende, a nuove storie: a nuove tragedie.
Infine, o forse soprattutto, il Monologo della straniera intende porsi nel solco delle tante riscritture del mito di Medea: rivelando allo spettatore d’oggi come la tragedia dello straniero non sia una peculiarità solo del mondo antico, ma che oggi anzi più che mai tocca l’uomo occidentale, e lo costringe a una presa di posizione esistenziale e storica.