Filippo Gili

 

Il mio rapporto coi soggetti scelti (il tentativo del libero arbitrio, l’intercapedine fra la vita e la morte, il ribaltamento della linearità percettiva se la morte si fa viva, la disarticolazione dei parametri emotivi, la confusione del linguaggio doloroso – prima ancora del dolore in sé – se un figlio condivide un suicidio, se una dottoressa ci dà la possibilità di scegliere se salvare la vita a un padre o a una madre, se un gruppo di folli ci regala la possibilità di veder rivivere un padre, ma soltanto per un’ora) è un rapporto VITALE. E’ la mia stessa vita, la mia stessa tentazione di dare un tremolio ai confini, il mio stesso vivere così il rapporto, continuo, con la morte. E la scrittura, per quanto mi riguarda, ne è sono una finestra, in un certo senso anche un po’ casuale.

Filippo Gili, diplomato come attore presso la “Silvio d’Amico” di Roma, ha recitato in diverse messe in scena di Luca Ronconi. Ha diretto i lungometraggi Casa di Bambola, Prima di andar via, L’ultimo raggio di luce. Sta ultimando il montaggio de Il gabbiano, da Cechov, recentemente messo in scena a teatro, oltre ad aver firmato le recenti regie di Porte chiuse, da Sartre, Spettri, da Ibsen, Oreste, da Euripide/Bellocchio scritto a quattro mani con Marco Bellocchio, Tre sorelle, da Cechov, e l’Amleto con Daniele Pecci. E’ uscita in prima nazionale al Torino Film Festival, a novembre 20134, una riedizione di Prima di andar via, con la regia di Michele Placido. A gennaio 2016 andrà in scena, con la regia di Francesco Frangipane, la sua Trilogia di mezzanotte, nonché, con la sua regia, l’Antigone di Sofocle e Zio Vanja da Cechov, sempre realizzati con Uffici Teatrali, la compagnia di cui è cofondatore.

L’ora accanto
È giusto o meno regalarsi una resurrezione, se questa si consente nella strettissima finestra di una sola ora, un’ora sola? E’ giusto per il risorto? O per la fragile anima di chi, riamando, si troverà costretto ad annodare i due eterni topoi della vita, la gioia della resurrezione, e il dolore di una morte?

Prima di andar via
Una cena. Una allegra cena in famiglia. Poi cinque lame, cinque fendenti che cambieranno per sempre la vita di un padre, un madre, e due sorelle davanti alla follia, al coraggio, alla libertà di un figlio, e che a tutti loro darà una mappatura diversa dell’esistere. Con gli abissi interminabili, le lotte, le secchiate di amore e rabbia, le resistenze e le illuminazioni, le rimostranze e le accettazioni, che chiuderanno il cerchio di una notte assurda, profonda, piena di vita, dove un gruppo di donne e uomini avvicenderanno a nuove parole nuovi silenzi: a fare un passo avanti, per quanto ferito, in quel cammino che si chiama esperienza, conoscenza, ‘senso della vita’.

Dall’alto di una fredda torre
Dall’alto di una fredda torre indaga sull’angoscioso dilemma se sia giusto o meno incidere sul destino degli altri, se sia lecito sostituirsi al fato. Quattordici quadri che vanno a comporre una tragedia. Una normalità familiare stravolta dalla malattia, due genitori ignari del loro destino, due figli piegati dal peso di una scelta, due medici testimoni del dramma. Il conflitto fra scienza e ‘libero’ arbitrio, lì dove ‘libero’, isolato, va fatalmente a confliggere con un ‘buon senso’, e una ‘logiche umanista’, che sembrano, in realtà, non essere troppo allineabili ad una autenticazione della libertà.