Lucia Calamaro

 

Se proprio sapessi cos’è che faccio quando mi metto lì e scrivo, mi piacerebbe che andasse così: che la mia mente o forse anima entrasse in contatto direttamente con quella di chi guarda, legge, riceve.
Mi piacerebbe che non ci fossero mediatori corporei tra di noi, tu ed io, chiunque tu sia. Ecco, una soddisfazione sarebbe che il mio fare artistico non fosse tanto qualcosa di ben fatto o in aria di santità, ma fosse una specie di meccanismo ipnotico che mette questo straccio d’anima che è la mia al lato di quell’altro straccio d’anima che è la tua . E che ciò fosse un momento di incanto, cioè un momento in cui il tempo per entrambi, è tempo di alta, altissima qualità: un tempo dove l’essenziale è presente.

Fabulamundi involved Lucia Calamaro in activities in Munich and Paris.

Lucia Calamaro, drammaturga, regista e attrice, si forma a Parigi con Thomas Richard, Le Coq, Philippe Gaullier, comincia la sua ricerca a Montevideo – Uruguay – dove dirige una piccola compagnia di ricerca. Gli spettacoli sono ispirati sia da interrogativi personali che dai testi letterari di Boris Vian, Juan Carlos Onetti, Fernando Pessoa, Augusto Roa Bastos. Nel 1998 a Parigi partecipa alla creazione della Ethnoscenologie (studio comparativo di spettacoli in vivo), insieme al sociologo Jean Duvignaud e al professor Jean Marie Pradier, fondatori della disciplina. Si avvicina al Clown con Philippe Gaullier e con l’argentino Gabriel Chame. Nel 2001 torna a Roma con una borsa di specializzazione in Drammaturgia Antica e Versificazione. All’inizio lavora come attrice per Giuseppe Marini poi nel 2003 fonda la compagnia Malebolge e inizia il suo percorso drammaturgico.

Teatrografia
2003/Medea, tracce di Euripide, prima rappresentazione: 2003,  Roma, Teatro Politecnico
2003/Woyzeck, prima rappresentazione: 2003,  Roma, Villaggio Globale
2004/Guerra, prima rappresentazione: 2004, Roma, Villaggio Globale
2005/Cattivi maestri, prima rappresentazione: 2005, Roma, Rialto Santambrogio
2006/Tumore, uno spettacolo desolato, prima rappresentazione: 2006, Roma, Rialto Santambrogio
2008/Magick, autobiografia della vergogna, prima rappresentazione: 2008, Roma, Teatro India
2011/L’origine del mondo, ritratto di un interno, spettacolo in 3 atti, prima rappresentazione: 2011, Roma, Teatro Palladium; Castiglioncello, Santarcangelo.
2014/Diario del tempo. L’epopea quotidiana, prima rappresentazione: 2014, Roma, Teatro India.

L’origine del mondo. Ritratto di un interno
In fondo la genie è l’unica prova spicciola e familiarissima che ognuno di noi ha della possibilità di essere assoluti demiurghi di un Inizio. E da lì, da quell’atto massimo di vitalità, ritrovare il nostro, di Inizio. Indago la coscienza di una Madre, quello che lei ne sa, malgrado e aldilà di lei; esploro gli stati d’animo mortificati di una Figlia adultizzata, la sua assenza di modelli, la sua tenacia; tratteggio l’indifferenza, la rabbia e l’impotenza di tutti gli altri, quelli che si ritrovano a gestire una persona depressa, senza sapere come. Intanto, diversamente, ma certo si vive.

Personaggi:
3 donne: madre, figlia, nonna

 – Estratto di L’origine del mondo. Ritratto di un interno –

Daria: io un’idea, un metodo l’avrei, credo, magari mi sbaglio, ma… Se ogni persona che si avvicina a un’altra per motivi affettivi potesse ricevere una specie di biografia psicologica dell’altra, una cartellina di dieci pagine dovrebbe bastare, magari anche meno. Dove soprattutto si dettagliassero le cinque sei cose che il soggetto della biografia non sa gestire per motivi di storia personale e quindi sarebbe buono, per gli interessati al soggetto, allo stargli vicino, di seguire i suggerimenti ed evitare di ributtarlo in quelle dinamiche per altri frequentabili ma per lui insostenibili. Ecco penso che aiuterebbe. A me avrebbe aiutato. Parecchio.

Si appoggia, posa le borse, la frutta rotola, si tira su e si accende una sigaretta che ha nello chignon e ricade esausta sul tavolo:

Daria: DOTTORESSA MI SENTO…UN BARATTOLO DI MORANDI,
lo conosce?, ce l’ha presente,?
sennò stasera vado a rivederselo Dottoressa
sono…tinte sempre meno intense su oggetti quanto più secondari, tutto il lavoro lo fa la luce, non le cose in quei quadri, che parlano d’altro, non esprimono, (voce sempre più interna) ma immobilizzano in silenzio, sono cose abitate da infinitesimali qualità sensibili prive di parole, impensabili insomma (parlotta)
oggi è partito cosi
È uno di quei giorni in cui il minimo rumore,
(voce sempre più interna) ogni distrazione, colore, accumulo..
…intollerabile
ecco oggi starei comoda solo in una natura morta
non una qualsiasi
una di Morandi
Morandi quello delle bottiglie sì…

(tira fuori dall’impermeabile un’immagine di M, la mostra, parla con la sigaretta in bocca)

Una natura di quelle con lo sfondo chiaro chiaro
ma mai bianco
mai veramente bianco
neanche sporco
semmai impolverato

appoggia la foto

riassumerei il mondo lì dentro…(voce sempre più interna) essenziale, frugale, silenzioso, privo di movimento
un coccetto, un altro coccetto, io…
i nostri eventuali dialoghi ..tanto inaudibili …
immobile anche la luce.
Più di cosi oggi no
….insopportabile

Dottoressa: si, Daria, lo vedo oggi si sente un po stanca, un po’ abbandonata lì, come una bottiglia

Daria: no, una bottiglia ha delle ambizioni, malgrado tutto, anche vuota, slancia, spinge verso, tende a… questa ascesi è inadeguata
io oggi mi sento proprio un barattolo, (voce sempre più interna) modesto, casuale, quel tanto di schiacciato, di per sé insignificante
Insomma…
Senza qualità.

Dottoressa: senza qualità… intende dire, indefinita, confusa col resto?

Daria: se vuole, io direi … dileguata nel, più che, confusa con.

Dottoressa: e come lo vede, come se lo immagina questo luogo, come si … ecco, come si presenta questo universo in cui lei si sente, è, diciamo pure che è, ma si, così, dileguata… se dico fusa DARIA le sembra appropriato?

Daria: Monocromo, atonale, umido e attutito, (voce sempre più interna)una bambagia grigia non del tutto respingente ma certo, indistinta. Dentro ci siamo tutti, anche lei, anche io… sciolti… in silenzio.
È strano, da lì, parlare, è superfluo (parlotta)

Dottoressa: Vuol dire che non risente nessun legame, nessun attaccamento né verso di lei, né verso quanto la circonda ?

Daria: è diverso, è come se non esistesse nessuno, come se il mondo stesse sparendo, cancellato, (voce sempre più interna) la testura di uno schizzo su carta velina immerso nella acque, non si vede quasi più, se solo lo tiro fuori dall’acque si strappa, non si può fare niente ma non c’è nessuna pena, zero strazio, solo inconsistenza (parlotta)

Dottoressa: e cosa potrebbe renderlo di nuovo solido, differenziato e a colori?

Daria: se lo sapessi, me lo dica lei

Dottoressa: ci rifletta da sola Daria

Daria: (incerta) ma cosi, a naso, sembra un cliché ma le volte che mi è capitato direi che è stato l’amore

Dottoressa: Per chi

Daria: direi soprattutto per i figli

Dottoressa: Sì Daria, per oggi basta cosi, va bene