#pandemic journal by our authors: Francesca Garolla #2

we asked to all the Fabulamundi’s authors to share stories, videos, comments, pictures of what we are living now in Europe.

Read the journal written by our Italian author Francesca Garolla:

#esercizidilibertà(ancheiohopaura)

20 marzo 2020

 

Se io avessi dei bambini, oggi, proprio non saprei che dirgli.

Dopo il mondo colorato sopra un foglio, dopo la cerimonia del te con l’acqua del rubinetto, dopo i giochi, dopo il sonno, dopo infiniti abbracci, io, per far passare la paura, proprio non saprei che fare, e per far passare il tempo, non avrei dove andare, e per spiegare, non avrei inizio da cui cominciare.

Forse allora gli parlerei soltanto di quante persone potranno dopo incontrare, di quanta aria c’è da respirare. E del mare.

E loro direbbero che tutte queste cose si possono già immaginare e che sono solo i grandi a dubitare, perché, oltre il muro di casa, non sanno proprio guardare.

 

#esercizidilibertà (ancheiohopaura)

 

 

24 marzo 2020

 

C’è il mistero e la paura

la rabbia dura

le mani di armi armate

e l’attesa del vero che non sempre è sincero

l’hanno chiesto

ed io l’ho fatto

(a comando rispondo)

ho lavato le mani tre volte ogni volta

giuro

il mio cane non va al parco ed io non vado al mare

giuro

faccio tutto giusto

giuro

a parte non sapere cosa è giusto

Però ci sono gazze e lepri

e mostri marini quasi a riva

ci vuole qualcuno a cui dirlo

sottovoce

 

#esercizidilibertà (ancheiohopaura)

 

 

25 marzo 2020

 

La signora con il cane piccolo che si chiama Luna mi ha spiegato che ieri la polizia l’ha fermata, attraversando il parco sulla sua volante, e le ha detto che no, non deve proprio fare entrare il cane in area cani.

Mai.

Anche se è da sola non lo deve fare. Mai.

Lei deve camminare sul marciapiedi. Sempre.

E non fare più di duecento metri.

Mai.

Immagino che la polizia li avrà contati in passi molto precisi, quei 200 metri, oppure con un metro molto lungo e molto flessibile o forse li ha misurati in linea d’aria con quella lucina rossa, tipo laser. Non so.

Comunque, l’area cani oggi era deserta mentre sul marciapiedi eravamo almeno in cinque.

Quindi sono entrata, con Olmo il cane mio, la piccola Luna e la signora,

Lei era contenta, credo che si sentisse come quando a quattordici anni andava a fumare sul balcone per non farsi vedere dalla mamma. Una mamma molto severa.

Però se ne è andata dopo due minuti. Dicendomi che le faceva paura la polizia.

Le faceva paura la polizia, più della malattia.

Allora ho capito che no. Dai. No.

La paura dei virus, del buio, degli incubi, delle strade strette da cui non puoi scappare, la paura di morire, va bene.

Ma la paura di esistere no.

Quella no.

Perché io, insomma, li faccio i miei esercizi di libertà e le trovo le cose piccole, sottili e buone come l’aria pulita di un marzo che gela le mani.

Quindi no.

E ora la smetto di tenere gli occhi bassi, perché non li sto tenendo bassi per tristezza, li sto tenendo bassi perché mi sento in colpa.

Ma non ho colpa di niente.

Non abbiamo colpa di un bel niente.

A parte la colpa di vivere.

E quella ce l’hanno tutti.

Pure i poliziotti.

 

#esercizidilibertà (ancheiohopaura)

 

 

29 marzo 2020

 

Il mare della mia infanzia era un mare brutto, pieno di case brutte, pieno di alghe brutte. Ma era mio e c’era vento.
A marzo, c’era sempre vento.
La mattina si andava a prendere il sole appoggiati ai muretti, al riparo dalla sabbia, in faccia alla luce. Mia nonna voleva il caffè al tavolino del bar, mia mamma diceva togliti le scarpe che si riempiono di sabbia. Mio fratello non so, non mi ricordo.
Ci sarà ancora quel posto, adesso? Ci sarà ancora il vento?
Vorrei andare a verificare per non avere paura di un altrove sparito. Ma non posso.
Così, da un paio di settimane, mi siedo accanto alla finestra aperta e ascolto.
Ascolto il suono del mare.
E non m’importa niente che sia il rumore di un telo di cellophane sul balcone del vicino. Non mi importa quasi niente.
Tutti i posti in cui io non sono comunque ci sono, mi dico.
Ci sono, anche se io non li guardo.
Ci sono. Nonostante la mia assenza.
E il vento arriva dappertutto.

 

#esercizidilibertà (ancheiohopaura)

 

 

30 marzo 2020

 

E se, d’un tratto, niente fosse più prevedibile?

Non sapere niente di niente, mai più.

Niente previsioni. Mai.

Solo incertezza. Indefinito.

Niente numeri, niente calcolo delle probabilità, niente statistiche e niente date.

Niente di niente.

Niente compleanno perché non si sa più quando casca il tuo anno, niente Natale perché si tira solo ad indovinare. Niente Pasqua che tanto quella cambia data comunque.

Si sceglie un giorno a caso, ognuno quando vuole. E basta.

Ci penso da stamattina.

Oggi doveva piovere a dirotto e domani nevicare, ma non nevicherà. Non voglio più previsioni, nessuna, mai.

Niente da sapere e niente da controllare, solo il presente del presente.

Solo presente, presente a se stesso.

Basta previsioni.

Domani guardo il cielo e vedo com’è.

Domani si farà.

 

#esercizidilibertà (ancheiohopaura)

 

 

5 aprile 2020

 

La signora di fronte, al primo piano, ha sempre le tapparelle abbassate e l’inferriata della finestra sul balcone chiusa. Sempre. Io pensavo che non ci fosse. O che non esistesse.

Poi è arrivata la sua voce.

Disobbedienti, ha gridato. Disobbedienti!

Mi pare che quello dei disobbedienti fosse un movimento post G8, ricordo, vagamente, una cosa così, quindi mi affaccio (finalmente posso esprimere senza vergogna tutto il mio voyeurismo per la vita altrui) e guardo giù.

Non capisco.

Guardo meglio.

Non sono i disobbedienti che mi aspettavo, gente con gli striscioni, urlatori, cinque provocatori tutti insieme a sfidare il sistema #iorestoacasa.

No.

I disobbedienti sono una mamma e una bambina di tre anni che camminano su un marciapiedi deserto. A onor del vero, devo dire, il padre c’era, circa cinque metri più avanti, con un sacchetto della spesa.

La signora urla, andate a casa non si esce in tre.

Tre in tutto, in tutta la strada, noto io.

La mamma urla, ma cosa vuole mio marito ha fatto la spesa.

La signora rilancia, come no con quel sacchettino che spesa avete fatto!

Il marito si gira e chiede, vuole scendere signora?

La bambina guarda.

Lei guarda tutti.

E continua a guardare anche quando la signora torna nel suo bunker, con la sua paura, con la sua rabbia, con se stessa e con la sua storia. Che non conosco, è vero.

La bambina guarda. Anche quando il papà la prende in braccio e la mamma si lamenta.

La bambina guarda e non capisce niente.

 

Mi viene in mente la figlia di una mia amica che mi ha detto, al telefono, hai presente, no, quel virus? Quel virus pericolosissimo che contagia tutti.

Ecco, adesso l’ho presente quel virus. È il virus del tutti contro tutti.

E si salvi chi può.

 

Io tifo per la bambina.

È suo il mondo, non nostro.

 

#esercizidilibertà (ancheiohopaura)

 

 

9 aprile 2020

 

Della storia di domani non sento la voce

non la conosco.

Arriverà nel tempo

col tempo

arriverà la sera in cui sarò presente a me stessa

al mattino

a colazione

nel punto in cui l’orologio si infrange

quando serro il rubinetto in cucina

quando è l’amore.

Nel momento esatto dell’accadere

non prima e non dopo

la voce di domani

arriverà

nel presente.

 

#esercizidilibertà (ancheiohopaura)