Emanuele Aldrovandi

Emanuele Aldrovandi

 

[themeum_divider divider=”border” repeat=”repeat” border_style=”none”]

Il mio approccio alla scrittura teatrale è stato prima letterario e solo in un secondo momento scenico. Ma la pratica scenica – sia durante il periodo di formazione all’accademia di teatro, sia durante le prove con gli attori per la messa in scena dei miei primi testi – ha profondamente cambiato il mio modo di scrivere. Parto dalla realtà, da domande a cui non so rispondere o da intuizioni che mettono in dubbio quel che pensavo di credere. Cerco di spiazzare e di spiazzarmi, non solo perché mi diverte, ma perché è un modo di conoscere me stesso e la realtà. Mi piace raccontare storie che parlino del presente, che siano facili da capire e complesse da interpretare.

[themeum_divider divider=”border” repeat=”repeat” border_style=”none”]

Emanuele Aldrovandi (Reggio Emilia, 1985) è autore teatrale, sceneggiatore, traduttore e regista. Laureato in Filosofia a Parma e in Lettere a Bologna, si diploma alla Civica Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano.
Nel 2013 con Homicide House vince il più importante riconoscimento italiano per la nuova drammaturgia, il Premio Riccione “Pier Vittorio Tondelli”, e i suoi testi iniziano a essere messi in scena da varie compagnie nei principali teatri italiani.
Negli anni successivi vince anche il Premio Nazionale Luigi Pirandello, il Premio Hystrio, il Premio Fersen e il Mario Fratti Award, ed è finalista al Premio Testori, al Premio Scenario, al Premio In-Box e di nuovo per due volte al Premio Riccione.
È fondatore e direttore artistico dell’Associazione Teatrale Autori Vivi, lavora col Teatro Elfo Puccini di Milano, con teatri nazionali come ERT – Emilia Romagna Teatro e Teatro Stabile di Torino e con compagnie indipendenti come MaMiMò e ATIR. Collabora a progetti internazionali con l’Opera di Pechino, LAC di Lugano e The Tank Theater di New York, è uno degli autori selezionati dal programma Fabulamundi Playwriting Europe e i suoi testi sono tradotti, messi in scena e pubblicati in inglese, tedesco, francese, spagnolo, polacco, sloveno, ceco, catalano e arabo.
Si occupa anche di eventi site-specific e installazione museali, come la scrittura di testi per l’evento “Musei a cielo aperto” durante EXPO 2015 o la cura della mostra “Rossini Experience” ai Musei Civici di Pesaro nel 2018. Insegna scrittura teatrale alla Civica Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano e tiene vari workshop in Italia e all’estero.
Nel 2018 inizia a lavorare anche come sceneggiatore e regista di cinema. Nel 2019 il suo secondo cortometraggio, Un tipico nome da bambino povero, viene presentato in concorso al Giffoni Film Festival e partecipa successivamente a numerosi festival nazionali e internazionali, ottenendo diversi riconoscimenti fra cui l’Unicef Award. Nel 2020 il suo terzo cortometraggio, Bataclan, viene presentato in concorso ad “Alice nella città” all’interno della Festa del Cinema di Roma, dove vince il premio speciale Rai Cinema.

Teatrografia

2018 Assocerò sempre la tua faccia alle cose che esplodono
2018 La donna più grassa del mondo
2017 Robert and Patty
2017 Isabel Green
2016 Nessuna pieta per l’arbitro
2015 Allarmi!
2015 Scusate se non siamo morti in mare
2013 Farfalle
2013 Homicide House
2012 Funziona meglio l’odio
2011 Felicità
2011 Il presidente
2010 Il generale

ALLARMI!
Un gruppo di terroristi sta organizzando un attentato: vogliono uccidere il presidente dell’Unione Europea, trasmettere tutto in diretta streaming e far scoppiare una rivoluzione. Sono di estrema destra, non credono nella democrazia, odiano gli immigrati e vogliono instaurare una nuova dittatura in Europa. La loro leader è Vittoria, una ragazza carismatica e determinata, in grado a suo dire di guidare le masse e cambiare il corso della storia. Il testo prende spunto dalla crescente affermazione dei movimenti di estrema destra in Europa per trasformarsi in un’esplorazione ‘in soggettiva’ del sottile confine che separa eroi rivoluzionari e mitomani.

SCUSATE SE NON SIAMO MORTI IN MARE
In un futuro non troppo lontano l’Europa si è trasformata in un continente
di emigranti. I cittadini europei, alla ricerca di un lavoro e di un futuro migliore, cercano di raggiungere i paesi più ‘ricchi’, ma devono farlo clandestinamente, salpando verso destinazioni ignote, nascosti all’interno di un container. Finalista nel 2015 al Premio Riccione e al Premio Scenario, presentato in anteprima al Festival de dramaturgia sobre la crisi PIIGS di Barcellona, Scusate se non siamo morti in mare trae la propria forza, come scrive Davide Carnevali nella sua prefazione, «dal non essere un’opera parassita della realtà, che sfrutta il problema dell’immigrazione e la sua risonanza mediatica; ma al contrario nell’essere un’opera che vuole dire qualcosa che i mezzi di informazione non dicono rispetto a questo problema; nel mostrare un’immagine di questa realtà che normalmente non ci è mostrata; nel renderci evidenti le sue dinamiche e le sue ragioni. In questo modo il teatro riacquista un senso, ed è un senso forte: nella sua funzione di riaprire il dialogo con la società, laddove i media spesso lo chiudono».

Farfalle
Due sorelle, una bionda e una mora. La madre si è suicidata quando erano bambine e il padre le ha abbandonate per andare in Brasile con un’altra donna. Hanno vissuto da sole fin da piccole, sono state l’una la famiglia dell’altra e per passare il tempo si sono inventate un gioco.
Al compimento del ventunesimo anno di età il padre torna per annunciare che non è più obbligato dalla legge a pagare l’affitto dell’appartamento in cui vivono, ma offre loro un’opportunità per non finire in mezzo alla strada: un matrimonio combinato con due quarantenni poco desiderabili ma molto ricchi.
La bionda accetta, la mora no; la conseguenza è che per la prima volta da quando sono nate le due si separano.
Il testo è diviso in tre atti, che sono tre incontri fra le sorelle in tre momenti di svolta della loro vita. Una storia di crescita personale e di amore fraterno, in cui la scoperta di sé non necessariamente coincide con la comprensione dell’altro.

Homicide House
Indebitato per problemi di lavoro, un uomo si trova a dover ripagare tutto da un giorno all’altro. Non avendo i soldi necessari e temendo per l’incolumità della propria moglie e dei propri figli, accetta di entrare in un luogo dove “s’incontrano esigenze complementari che il mercato finora non soddisfaceva”: chi vuole uccidere paga una vittima e chi vuole morire riceve soldi da lasciare alla propria famiglia.
Il testo ha vinto il più importante riconoscimento per la nuova drammaturgia italiana, il Premio Riccione “Pier Vittorio Tondelli”, con la seguente motivazione: “Sinistra e infantile parabola sugli incerti confini tra il vero e il falso, testo introspettivo dal piglio ironico-favolistico (favole macabre senza lieto fine, per intendersi), Homicide House è un coraggioso tentativo di scrittura drammaturgica ‘verticale’, in grado di farsi carico di una matrice teoretica/concettuale che mette in atto una ‘morbida’ elusione del tragico. Se il dilemma attorno a cui ruota il dipanarsi della storia appartiene di diritto alla normalità prosaica (in sintesi, si può mentire a fin di bene o, al limite, nel nome del male minore?), i personaggi dimostrano di essere istanze filosofiche, portatori di una determinata poetica del pensiero, prim’ancora che entità finzionali: non è un caso se Uomo, che nasconde alla donna amata il vizio di indebitarsi per il puro piacere di farlo, dovrà condurre i suoi equivoci commerci con loschi figuri quali Camicia a pois e Tacchi a spillo, riuscendo a salvare la pelle senza alcuno sforzo pratico ma con un puntuale esercizio della parola. La Casa degli omicidi è un meccanismo di sevizie psicologiche che ferisce e uccide con il ragionamento piuttosto che con le sole armi di tortura. Un’idea originale alla base della scrittura e un linguaggio disinvolto e agile nell’alternare isolati e funzionali monologhi a fulminanti e accesi dialoghi fanno del testo un riuscito e promettente esperimento.”

Il presidente (The president)
Nella villa del presidente vengono spesso organizzate cene e feste con ragazze bellissime, pronte a offrire il proprio corpo in cambio di soldi e ingaggi nel mondo dello spettacolo. Minnie sembra essere una di loro, ma in realtà è una giornalista freelance con un obiettivo ben più radicale di una semplice inchiesta: vuole uccidere il presidente. I due si ritrovano da soli nelle stanze private della villa, e iniziano un gioco di finta seduzione reciproca che avrà un finale inaspettato.
Partendo come suggestione da alcuni eventi che hanno coinvolto l’ex presidente del consiglio italiano Silvio Berlusconi, al quale il protagonista è esplicitamente ispirato, il testo offre una paradossale riflessione sul potere, su chi lo esercita e su chi lo combatte.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.