Scrivere per me è un modo di comprendere le cose. Soprattutto per quel che riguarda le dinamiche di relazione tra gli esseri umani. I grandi e piccoli fiumi di potere che scorrono nelle vite delle persone. Mi sembra di avere la possibilità di capire davvero l’uomo solo quando ne scrivo, quando un personaggio parla, sfugge al mio controllo, vive senza che sia io ad ordinarglielo. Per questo per me scrivere non è dire come la penso, convincere qualcuno, ma cercare le ragioni che partoriscono gli uomini per quello che sono, e condividere col pubblico la possibilità di farsi delle domande.
Fabulamundi involved Letizia Russo in activities in Târgu Mureș and in Madrid.
Letizia Russo è nata a Roma nel 1980. Inizia a scrivere per il teatro a diciotto anni. A ventun anni riceve il premio Tondelli per il suo secondo testo, Tomba di cani. Lo stesso testo riceve nel 2003 il Premio Ubu. Nel 2002 frequenta la Summer School del Royal Court Theatre di Londra, e nello stesso anno riceve una commissione dal National Theatre di Londra per il festival Shell Connections. I suoi testi sono tradotti e rappresentati in vari paesi europei e extraeuropei, come Francia, Germania, Repubblica Ceca, Portogallo, Brasile, Cile. In Italia una raccolta parziale dei suoi testi è stata pubblicata da Ubulibri. All’attività di autrice affianca quella di traduttrice dall’inglese e dal portoghese. Ha lavorato come formatrice alla Scuola Holden di Torino e all’accademia Paolo Grassi di Milano.
Teatrografia
1999 / Niente e nessuno, prima rappresentazione: 2000, Festival Per Antiche Vie
2001 / Tomba di Cani, prima rappresentazione: 2001, Teatro di Pistoia; pubblicazione: 2005; Premio Tondelli 2001, Premio Ubu 2003.
2003 / Binario Morto – Dead End, prima rappresentazione in Inghilterra: 2004, Festival Shell Connections – National Theatre, Londra, in Italia: 2005, Biennale di Venezia, pubblicazione: 2005.
2004 / Babele, prima rappresentazione: 2004, Festival Petrolio; pubblicazione: 2005.
2004 / Primo Amore, prima rappresentazione: 2005, Roma; pubblicazione: 2005.
2005 / Edeyen, prima rappresentazione: 2005, Festival di Taormina; pubblicazione: 2005.
2005 / Os animais domésticos, prima rappresentazione: 2005, Teatro Nacional Dona Maria II, Lisbona; pubblicazione in Portogallo: 2005. Testo commissionato dalla compagnia Artistas Unidos.
2007 / Dare al buio, prima rappresentazione: 2007, Teatro i, Milano.
2009 / Blitz, prima rappresentazione: 2010, Teatro Ringhiera, Milano.
2013 / Cooking, prima rappresentazione: 2013, Officina Giovani, Prato.
Adattamenti
2006 / Il feudatario, di Carlo Goldoni, prima rappresentazione: 2007, Biennale Teatro, Venezia.
2007 / La trilogia della Villeggiatura, di Carlo Goldoni, prima rappresentazione: 2008, Schauspielhaus, Colonia, Germania.
2008 / Le nuvole, di Aristofane, (traduzione) prima rappresentazione: 2009, Teatro stabile dell’Umbria.
2010 / Quartilla, ae, dal Satyricon di Petronio, prima rappresentazione: 2010, Cascina.
2012 / Spettri, di Henrik Ibsen, prima rappresentazione: 2012, Teatro Stabile di Bolzano.
Radiodrammi
2007 / L’educazione delle Canaglie, andata in onda: 2007, Rai Radio3.
Primo amore
Primo amore è la storia di un uomo di circa quarant’anni che, dopo trenta di assenza, torna per la prima volta nella città dove è nato, e che aveva abbandonato. Lì, in un bar di periferia, per caso, ritrova il suo primo amore: invecchiato e solo, il ragazzo che aveva amato, corrisposto, non conserva più nulla degli anni della gioventù, quando tutto era semplice e nulla sbagliato. Non conserva più nulla, tranne la dolorosa possibilità, scritta nella sua stessa carne, di dire una verità che il protagonista non vorrebbe sentirsi dire.
Estratto Primo Amore
come era cominciata come
quando correvo e era tutto chiaro
te lo ricordi
i miei silenziosi lavoravano la terra sorridevano
io non sapevo niente
vivevo dormivo mangiavo piangevo
e tutto era chiaro
come è iniziato tutto come
sfrega
e ricorda
i miei lavoravano
io correvo
era tutto uguale tutto chiaro i negozi chiusi il sabato
solo
solo dentro un altro
te lo ricordi
sudore peli
primi peli
il primo sperma
il primo sogno
che cos’era quella mattina
che ore erano
che giorno e che cielo fuori
scuola
sì
scuola banchi poco altro
sedie sigarette
indovinavo sempre la pioggia sapevo riconoscere l’odore
scuola prigione
negli intervalli camminavo dentro
mi piaceva la luce elettrica
classe
altra
passi pesantezza
camminare classi persone banchi sigarette tu
i passi
quei passi che ho fatto
tremavano e pesavano
che non sapevo
quei passi che ho fatto
quando il mio corpo
me l’ha detto
quando il mio corpo mi ha detto
come un grido con un grido
io
mi ha detto
sono
vivo
no
non ti avevo mai visto prima no
mai visto oppure mai guardato
no
mai
mai
avevi una maglia grigia
un giorno mi avevano parlato di dio
io distratto ho ascoltato e sorriso
educato buono ho ringraziato
me ne sono tornato a giocare
era dio quello
dio o più
quello che ti stava seduto davanti
e ti guardava
e ti
ascoltava
e tu
davanti a dio
tu
tu facevi dio chi ti stava davanti
tu che gli brillavi addosso e lui che specchio si faceva dio
tu ridevi
e ridevi di me
che avevo quindici anni e tu quindici
tu
anche tu
tu anche tu colle unghie sporche come le mie
tu anche tu annoiato onnipotente come me
seduto davanti a uno
l’hai guardato gli hai parlato
dei quattro a scuola del pallone del niente
l’hai fatto dio
e io coi miei occhi l’ho guardato
e tu
tu ridevi
ridevi senza saperlo di me
tu
quindici anni come me
nato come me
nato dove io
tu
come me
uguale uguale a me
uguale eppure dio
tu
uguale a me
maschio come me
tu
quando ti ho guardato
quando mi hai guardato
muto
spento
morto io
se non era per quel fuoco
quel fuoco sotto piano invisibile
ridicolo
ridicolo sì
colle orecchie in fiamme a dirmi svieni
la lingua una lumaca
e fuori
all’improvviso
notte
che cos’era quello
cosa
avevo visto dio
uguale uguale a me
quindici anni come me
occhi neri
un dio che prendeva quattro a scuola
che giocava col pallone
difesa non attacco
un dio che beveva acqua e poi ruttava serio
un dio che sulla faccia la novità dei peli
e le gambe storte
e i capezzoli nudi d’estate e il sudore lungo i fianchi
forte
pacche sulle spalle amicizie
nemici pure
particolare coraggio no
non ce l’avevi dio
menavi se era più piccolo di te
lasciavi perdere se era più grande
risparmio di energie
dicevi
particolare coraggio no dio
tu non ce l’avevi
dio quindicenne che parla dialetto non sa scrivere
dio quindicenne io ti immaginavo
dormire
di notte tu dormivi e io ti immaginavo
dormire
ti immaginavo
gli occhi semiaperti
il letto piccolo
ormai
e i sogni
i sogni che facevi
che sognavi dio
che sognavi
altri mondi altre vite
la tua vita futura
sognavi di che dio
sognavi il mare
sognavi di nascere di morire
sognavi di cadere e non arrivare mai in fondo
di dare un salto e volare dieci metri e ti chiedevi come mai come mai che non lo usavi quel potere per andare a scuola la mattina
per alzarti più tardi e arrivare in tempo uguale
io
io dormire neanche dormivo più
e però c’era armonia
fra me e il mondo
c’era armonia fra me e l’aria
io ti immaginavo dormire e poi
ti immaginavo seduto
su un
fiore sì
ti immaginavo seduto su
un fiore chiamarmi
sorridevi
gambe
storte peli
nuovi unghie
rotte
immaginavo le tue
braccia stendersi
le tue
spalle
immaginavo la tua schiena
immaginavo di
guardare la tua schiena
e tu non lo
sapevi
però soprattutto
ti immaginavo dormire
ti immaginavo
abbracciare il cuscino
cercare l’angolo del letto
ti immaginavo addormentarti
c’era
armonia
poi la pace
s’è rotta
fino alle mie mani addosso a te