Ho cominciato a scrivere per il teatro per semplicità, per averlo conosciuto sul palco nel lavoro di attrice. Questo significa non confidare tanto nella parola scritta, ma sui silenzi e le azioni che si generano in scena, nello spazio tra le parole. Non ho, quando comincio a scrivere, un’idea forte autoportante, un paradigma, cerco qualcosa, il più semplice possibile. La maggior parte dei miei testi sono nati dalla collaborazione con attori, in tempo reale, e si sono nutriti della ricerca di un nucleo poetico insieme a loro. A loro sono debitrice. Credo molto nel fatto che la scrittura per il teatro non sia e forse non debba essere una scrittura elegante, troppo pensata, perché il teatro non deve essere elegante né pensato, deve essere vivo e, per essere vivo, deve nutrirsi di errori e di imprecisioni, di cadute. Scrivo per aprire delle piccole fessure nella realtà liscia, in quanto reale già del tutto esplicita, per squarciarla e, a volte, per consentire alle persone di osservarla da un punto di vista differente rispetto al consueto, all’ordinario. Manco di un metodo univoco. Non ho schemi preordinati, non credo nell’unità di tempo e luogo, né che nel terzo atto debba per forza esserci la crisi né che gli atti debbano necessariamente essere cinque. Non amo i finali e non mi affido ad essi. Ogni volta è il metodo che si adatta all’opera. Vorrei che il mio teatro fosse poetico. Una specie di atto d’amore nei confronti della piccolezza umana, della sua inadeguatezza alla misura enorme della vita, e della morte.
Nata a Torino nel 1968, Valentina Diana si diploma nel 1997 come attrice alla Civica Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi e lavora per molti anni come attrice con importanti registi come Marco Baliani, Isabelle Pousseur Elio De Capitani, Renato Gabrielli, Giorgio Barberio Corsetti, Francois Kahn, Alfonso Santagata, Gabriele Vacis, Denise Marleau, Thierry Salmon. Dal 2001 si dedica alla drammaturgia.
Nel febbraio 2008 ha fondato, insieme a Lorenzo Fontana, la Compagnia 15 febbraio, che ha dato luogo a diverse produzioni, alcune delle quali in collaborazione con la regista berlinese Claudia Hamm e altri con teatri francesi. Dal 2012 ha cominciato ad occuparsi sempre più di scrittura teatrale e di scrittura in prosa.
Collabora pressoché stabilmente con la Compagnia Principio Attivo Teatro, di Lecce, in qualità di autrice e dramaturg. Tra i suoi testi troviamo Fratelli (diretto da Lorenzo Fontana, con Andrea Collavino e Beatrice Schiros, prodotto da Sistema Teatro Torino), Ricordati di ricordare cosa? (Premio nazionale di drammaturgia Il centro del discorso 2009), La bicicletta rossa (Premio Eolo Awards 2013 per la drammaturgia), Senza Voce – Storia di Ciccilla briganta (regia Silvia Lodi, prod. Principio Attivo Teatro, Lecce), La palestra della felicità, (testo pubblicato da Cue Press, con la regia di Elena Russo Arman, con Elena Russo Arman e Cristian Giammarini, una produzione Teatro dell’Elfo). Opera Nazionale Combattenti presenta i Giganti della montagna a III (regia Giuseppe Semerararo, Compagnia Principio Attivo, Lecce), L’eternità dolcissima di Renato Cane (debutto 2016 teatro Brancaccino Roma, prossimamente in stagione 2017-18 Teatro dell’Elfo Milano, regia Vinicio Marchioni, con Marco Vergani, prod.Khora Teatro) e Dimmi, su cosa giuri? (regia L.Fontana, O.Manescalchi, prod.Teatro Baretti Torino).
Ha anche scritto i romanzi Smamma (Einaudi 2014) e Mariti o Le imperfezioni di Gi (Einaudi 2015).
L’ETERNITÀ DOLCISSIMA DI RENATO CANE
Un uomo, Renato Cane, un uomo la cui vita si spende in un lavoro poco gratificante (rappresentanze di farmaci psicotropi), scopre di dover morire. Casualmente entra in contatto con una pubblicità; un cartello sul tram recita: Se devi morire, non lasciare che i tuoi parenti si occupino delle tue esequie, occupatene tu stesso, e guadagna in qualità e buon gusto. Decide di contattare la ditta BBB.trombe del signore. com. Si avvicina dunque al business della morte e ne resta irretito. Gli viene dapprima offerto un trattamento particolare per il funerale e infine viene convinto che, con una semplice strisciata di carta di credito potrà acquistare, non un funerale, ma un kit, detto kit spirito, che, grazie ad una sofisticata tecnologia, gli garantirà di vivere in eterno, fuori dal corpo, e lontano da tutto ciò che, nella realtà della sua vita, gli impedisce di vivere felice. La sola cosa che Renato Cane abbia mai davvero amato è la pittura delle “pitture schiacciate”, si consegnerà dunque alla BBB.trombe del signore. com, in cambio di questo mondo, post mortem, nel quale gli sarà possibile svolgere a tempio pieno questa attività.
Il problema si pone quando, ad un certo punto della storia, il suddetto R.C. andrà incontro ad una fortuita, quanto insperata, guarigione. Cosa farsene del kit vita, ora che non deve più morire? Business is business, gli affari non possono aspettare… dicono quelli della BBB, che hanno già ricevuto il bonifico e predisposto il trattamento personalizzato; del resto si tratta solo di anticipare ciò che comunque è destinato inesorabilmente ad avvenire.
Il racconto-monologo, solo alla fine, rivelerà l’ingranaggio commerciale, il business, appunto: l’intero testo non è che un’enorme strategia di vendita, una narrazione a scopo di diffusione promozione della ditta di pompe funebri., la BBB.trombe del signore. com.
FRATELLI
Questo testo, come il titolo suggerisce, parla di due fratelli. È una storia di famiglia, una specie di saga, irrisolta e fragile come tutte le storie di famiglia. Lo sguardo dei fratelli (fratello M e sorella B) indaga una realtà che sottrae loro la possibilità di una comprensione univoca, una realtà che non si sottomette ad uno sguardo condiviso.
Entrambi lottano, a parole, per rimettere a posto qualcosa, per consegnarsi un ruolo pacificato all’interno di una storia di conflitto. Alla fine ciascuno dei due avrà disegnato il proprio percorso di esistenza, senza sapervi includere l’altro. Tuttavia questo sforzo, questo tentativo di incontro e di comprensione, sarà presente in germe, come una possibilità, come un’ipotesi di fratellanza: una vicinanza, una comunione, o qualcosa del genere, che unisce ma allo stesso tempo, con altrettanta forza, separa.